Alcune storie inviate a intensiva.it

Esterina Sabrina

11 dicembre 2012

Desidero esprimervi la mia profonda riconoscenza e ringraziarvi per le cure che avete dato con professionalità e umanità a mia sorella Cristina. GRAZIE per il meritevole lavoro che svolgete!

 

Valeria

12 aprile 2013

La ma storia è quella di mio padre, ricoverato in terapia intensiva dopo un intervento chirurgico, a detta dei medici per precauzione. Mio padre entra in terapia intensiva che sta bene con lo scopo di essere tenuto sotto controllo le 24 ore successivo ad un intervento al colon. Lui stesso aveva dato il consenso prima dell'intervento, ma nè lui nè inoi eravamo consapevoli di quello che sarebbe successo. Mio padre si è sentito da subito solo e smarrito. Abituato ad avere l'affetto mio e degli altri parenti si è sentito abbandonato perche l'orario delle visite era di un'ora al giorno. PEr noi parenti non poterlo vedere e dovere avere notizie solo tramite i medici di turno, era un continuo motivo di ansia. Ancora di più vedere che lui soffriva nel sentirsi isolato e manipolato da perfetti estranei. Soffriva perchè non poteva avere contatti con il mondo nemmeno con il cellullare. Desiderava tanto qualcosa di suo e si sentiva violentato, perchè era nudo sen za nessuno dei suoi effetti personali. Ogni richiesta al personale medico veniva rifiutato. Alla sofferenza psicologica purtroppo si è poi aggiunta quella fisica per delle complicazioni che l'hanno visto ritornare dopo tre giorni in sala operatoria. Dopo il secondo intervento però è stato vigile solo per qualche ora perchè quando l'ho rivisto, il giorno successivo era sedato e così è rimasto, fino al decesso avvenuto dopo 5 giorni. A parte il dolore per la morte , non riesco ad accettare il fatto che abbia dovuto soffrire così tanto, sia dal punto di vista psicologico oltre che fisico. Quando si sa che l'affetto dei familiari aiuta qualsiasi malato. E' terribile che sia stato solo proprio quando aveva più bisogno di amore!

 

Francesca

14 novembre 2013

Voglio raccontarvi la mia esperienza sia per sfogarmi che per dare un contributo. Spero che in futuro (prossimo) i reparti di rianimazione possano essere migliorati e resi umani.
Io non riesco a pensare ad altro. L'esperienza che ho vissuto mi ha turbata. Mi assale un profondo senso di tristezza ed angoscia al ricordo di quel reparto in cui mia madre ha trascorso gli ultimi 34 giorni della sua vita: secondo me ha vissuto un incubo. Un calvario. Il purgatorio in terra per 34 giorni di solitudine e disperazione. Sono convinta che sia andata così.
Quel reparto era grigio, asettico, freddo e anaffettivo.
Conoscendo i bisogni emotivi di mia madre avrà sofferto molto, troppo. Questa profonda ulteriore sofferenza (morale e psicologica) l'ha portata alla morte. Non credo si meritasse di finire così un'esistenza dedita agli altri, al mondo intero.
Non riesco a pensare ad altro. Il mio tormento è la percezione di tanto malessere nei suoi occhi tristi, pieni di lacrime e imploranti che rimarranno impressi nella mia mente finchè vivrò. Lei (prima intubata poi tracheotomizzata) aveva tanta voglia di comunicarci qualcosa, non appena ci vedeva (quei pochissimi minuti) parlava e muoveva le labbra ma non emetteva alcun suono... Cosa darei per sapere cosa voleva dire... parlavano gli occhi pieni di lacrime, tristi, indimenticabili. Che sofferenza....
Solo 4 minuti di visita al giorno, e non sempre... mi dicevano di non toccarla, mentre io avrei voluto abbracciarla, accarezzarla, coccolarla, forse avrebbe reagito, forse sarebbe ancora viva se lo avessi fatto. E invece ha dovuto subire la solitudine di una condanna a morte ed io ho assistito a tutto ciò impotente....senza poterle stare accanto...ma e' atroce.
In quel reparto avvertivo e toccavo con mano la morte imminente...inesorabile...l'anticamera dell'inferno in terra... Sono distrutta. Mia madre non c'e' più, e non mi hanno permesso di starle vicino come avrei voluto, ma soprattutto come lei avrebbe voluto. Le è stato negato il suo ultimo e più grande desiderio, avere i figli accanto nel momento più difficile della sua esistenza.
4 minuti di visita al giorno, quando era possibile. Io sono completamente ignara di come abbia trascorso le ultime e lunghe giornate della sua vita, sedata (secondo me troppo sedata) o guardando il soffitto suo unico amico e conforto. Non so come si siano presi cura di lei, se la trattavano con dolcezza o con distacco (quel distacco che a lei faceva tanto male). I volti degli operatori, quegli stessi volti che lei vedeva, non mi trasmettevano nulla di umano, non mi davano conforto o sollievo, figuriamoci a lei.
Ma perché non mi hanno reso partecipe del vivere quotidiano nel reparto, era tutto un mistero insondabile e per questo più angosciante; se solo avessi potuto constatare l'umanità delle cure alla persona (e non solo al paziente) avrei potuto affrontare quel momento, e quindi la successiva perdita, più serenamente. Invece no ... è stato tutto così misterioso ... e mi chiedo il perché non si bada a questi aspetti nei reparti di rianimazione.
Ma come si fa ... e' questa l'umanità, il sostegno psicologico, la cura adeguata che meritano i malati gravi, sospesi tra la vita e la morte? Ed è questo che meritano anche i familiari, disperati, addolorati, affranti?
Non è umano, per nessuno.
Ritengo che la regolamentazione della maggior parte dei reparti di rianimazione debba essere migliorata, resa più umana, per non unire dolore a dolore, sofferenza a sofferenza, disperazione a disperazione. Io non riesco a superare questa esperienza traumatica. Il ricordo di quel reparto è diventato un'ossessione. Non mi abbandona. Di notte non riesco a dormire, mi riaffiorano quelle immagini e mi assale un'angoscia indescrivibile, quella solitudine me la sento addosso. Mi riaffiora quel senso di impotenza ... non solo per la gravità delle condizioni di mia madre ma soprattutto per la sua (e mia) sofferenza psicologica. Ma cosa avrei potuto fare per evitargliela?
Perché non tenere in considerazione questi aspetti ... si è tanto progrediti nel campo medico-scientifico ma si è ancora tanto indietro dal punto di vista umano.
E' una sofferenza troppo grande rivivere emotivamente questa esperienza. Non solo per la perdita in sé, la perdita di una persona cara che fa soffrire (ho già vissuto la perdita di mio padre) ma per le modalità della perdita la cui sofferenza, almeno parzialmente, potrebbe essere alleviata se non evitata permettendo ad un familiare di stare vicino a chi non rivedrà mai più nella vita.
Scusate lo sfogo e grazie per quello che riuscirete a fare ... per chi, dopo di me, purtroppo si troverà nella stessa situazione.

 

footer intensiva I centri italiani aderenti